mercoledì 25 dicembre 2013

After image effect!!

Guarda il + nel centro dello schermo. Dovresti iniziare a vedere un punto verde che ruota intorno al cerchio. Questo punto verde è un’illusione e dipende dal ben noto “after image effect”. Tale effetto dipende dal fatto che l’attivazione retinica prosegue per qualche tempuscolo anche dopo che l’immagine originale è scomparsa.

sabato 6 aprile 2013

Ecco alcuni sconcertanti dati ottenuti dall’indagine sul benessere percepito dagli italiani



Vi presentiamo alcuni risultati preliminari ottenuti su un campione di 625 persone che hanno risposto al questionario.  Alcune delle domande alle quali hanno risposto i partecipanti fanno parte del Personal Wellbeing Index (PWI), l’indice di benessere nazionale adottato in Australia. I risultati del PWI si leggono su una scala da 0 a 100 punti. Questo indice è stato utilizzato in diverse nazioni ed è emerso che i punteggi medi delle persone rientrano in un intervallo tra 60 e 80 punti. Questo intervallo di punteggi rappresenta il set-point ottimale del benessere delle persone e di una nazione.
Nella tabella è mostrato un confronto fra i punteggi medi italiani e australiani. I punteggi medi australiani rappresentano dei dati normativi, ovvero il normale livello di benessere che dovrebbe essere percepito dalle persone. Notiamo che l’indice PWI calcolato sul campione italiano è pari a 58 punti, si colloca quindi al di sotto della soglia dei 60-80 punti. Osservando le specifiche dimensioni della vita sulle quali i partecipanti hanno indicato la loro soddisfazione, vediamo che l’unica area in cui il campione italiano indica un buon livello di benessere è quella della soddisfazione per la salute (72 punti); tutte le altre dimensioni presentano punteggi uguali o inferiori a 63.
Quale fotografia migliore della crisi socio-economica che stiamo vivendo? 


Australia
Italia
Indice PWI
75
58
Tenore di vita
77
59
Salute
75
72
Realizzazione personale
74
63
Relazioni personali
80
63
Sicurezza personale
78
60
Sentirsi parte della comunità in cui si vive
71
51
Fiducia nel futuro
70
37
Soddisfazione generale per la vita
78
61

Il dato maggiormente significativo è però la perdita di fiducia nel futuro. Dove può andare un Paese che non crede più nel futuro? E ancora più allarmante è il fatto che le persone che hanno risposto al questionario sono per la maggior parte giovani, con un’età media di 25 anni.

Stiamo ancora raccogliendo dati, per compilare il questionario accedi a questo link: 



“Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere
di gente infame che non sa cos’è il pudore,
si credono potenti e gli va bene
quello che fanno e tutto gli appartiene.
Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni!
Questo paese è devastato dal dolore…”
 F. Battiato








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mercoledì 3 aprile 2013

Questionario sul benessere personale




Qual è il livello di benessere personale percepito dagli italiani?
Compila il questionario a questo link:
http://psiconews.altervista.org/index.php/3-una-misura-per-il-benessere/editsurvey




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venerdì 13 aprile 2012

Il disgusto: "che schifo!"




Il disgusto è una emozione di base comune a tutti gli esseri umani; per decenni nessuno ha veramente capito il motivo della sua esistenza; gli scienziati ora ritengono che possiamo trovare la risposta esaminando le cose che ci disgustano.
Alla fine degli anni 90, la dottoressa Valerie Curtis ha scoperto alcune interessanti caratteristiche culturali del disgusto; ad esempio, il cibo cucinato da una donna con le mestruazioni è una causa di forte disgusto in India; mentre le persone obese erano ritenute particolarmente disgustose nei Paesi Bassi. In generale però le persone, da qualunque parte provenissero, sembravano convergere verso alcuni elementi, considerati universalmente rivoltanti, ad esempio:

1)Secrezioni corporee - feci (cacca), vomito, sputi, sudore, sangue, pus, fluidi sessuali;
2)Parti del corpo - Ferite, cadaveri, amputazioni;
3)Cibo in decomposizione - in particolare la carne e pesce marcio, spazzatura;
4)Alcune creature viventi - mosche, vermi, pidocchi, vermi, ratti, cani e gatti ;
5)Persone malate o contaminate.

La presenza di queste fonti universali di disgusto ha portato la Curtis a ipotizzare che il disgusto potrebbe essere determinato geneticamente; sarebbe impresso nel nostro codice biologico e derivato da milioni di anni di selezione naturale.
Ma che cosa ha spinto la selezione naturale a produrre un'emozione come il disgusto? Secondo la Curtis le cose disgustose sono anche potenzialmente infettive; ritiene quindi che il disgusto sia un meccanismo biologico funzionale a evitare malattie infettive.

Lontano dagli occhi lontano dal cuore?
Le indicazioni visive sono così potenti da portarci a reazioni di paura e disgusto, anche davanti cose che razionalmente sappiamo essere innocue; prendiamo come esempio i vermi: molte specie di vermi sono innocue e persino commestibili. Quando però vediamo foto come questa rimaniamo abbastanza schifati:


Secondo la Curtis, nel corso di milioni di anni, abbiamo sviluppato un istinto che ci porta a provare disgusto verso vermi e insetti; ciò permetterebbe di salvaguardarci da possibili parassiti come zecche, pidocchi, vermi intestinali.

Un altro senso fondamentale è l'olfatto.
L'odore, o meglio il “puzzo”, provoca una forte reazione negli esseri umani, tanto che l'esercito americano ha cercato di sviluppare bombe maleodoranti per azioni antisommossa.
L'odore di un cadavere provoca allerta, aumenta la vigilanza e porta le persone a tenersi a distanza dalla fonte maleodorante.
Anche le persone che usano poco il sapone sono ritenute disgustose e provocano negli altri una certa repulsione, che li mantiene a debita distanza.

Un piccolo aneddoto:
"Non ti lavare, sto tornando a casa!", scriveva Napoleone a Josephine,sua amante.
Napoleone amava le donne "odorose", o meglio puzzolenti.
De gustibus non est disputandum!


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martedì 10 aprile 2012

Scherzi percettivi: illusione ottica derivata da contorni speciali



Lo so... non sarà facile convincervi, almeno inizialmente, ma le due facce di questo solido hanno lo stesso colore.
A prima vista la parte superiore può sembrare più scura, ma se coprite con un dito la zona che separa le due facce vi convincete di quello che sto dicendo.
Questa illusione ottica deriva dalla ben più famosa illusione di Cornsweet.
In generale possiamo dire che “quando due regioni identiche sono separate da un contorno speciale composto da due gradienti di luminanza adiacenti, la regione che confina con il gradiente scuro (qui, la faccia superiore del solido) appare uniformemente più scura della regione che confina con il gradiente chiaro (qui, la faccia inferiore del solido)”.


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sabato 7 aprile 2012

Misurare la felicità



Da millenni gli uomini si interrogano su cosa sia la felicità, ma soprattutto su come fare per raggiungerla. Ognuno, poi, dà la sua personale interpretazione su cosa significhi essere felice. Il filosofo polacco Tatarkiewicz, in “Analisi della felicità”, ha rintracciato molte definizioni antitetiche di felicità, ad esempio, Sant’Agostino e San Tommaso d’Aquino dicevano che la felicità stava solo in Dio e la stragrande maggioranza dei Cristiani ha ripetuto le loro parole. «La felicità è possibile solo per chi comprende che non c’è nessun Dio», hanno invece detto i materialisti e gli atei da Mettrie in poi, se non Epicuro. I pensatori individualisti e liberali del XIX secolo credevano che la felicità stesse nello sviluppo non ostacolato della personalità dell’individuo, nella libertà e nella responsabilità, mentre da secoli ordini e organizzazioni religiose sostengono che la felicità sta in una sottomissione e in una obbedienza disciplinate. Gli Stoici mettevano in guardia gli uomini contro le passioni, fonte di infelicità, mentre Dubos, all’opposto, sosteneva che: «in generale, vivendo senza passioni, gli uomini soffrono ancora di più di quanto li facciano soffrire le passioni».
Come può dunque essere misurata scientificamente la felicità, se non esiste una definizione che metta d’accordo tutti? Esistono varie scuole di pensiero e altrettanti metodi di misurazione.
Il professor Ed Diener ha definito la felicità in termini di soddisfazione per la vita, ovvero come la “valutazione globale della qualità della vita di una persona in accordo ai propri criteri” e ha costruito un test per misurarla.
Per comprendere i punteggi ottenuti al test, è utile citare alcune componenti della vita delle persone che rivestono un’importante influenza sulla loro felicità. Una delle influenze più importanti sulla felicità è data dalle relazioni sociali. Le persone che ottengono un punteggio elevato nella soddisfazione di vita, tendono ad avere amici fidati e una famiglia unita e solidale, mentre quelli che non hanno amici intimi e familiari vicini, hanno più probabilità di essere insoddisfatti. Naturalmente, la perdita di un caro amico o di un familiare può causare insoddisfazione per la vita, e può richiedere molto tempo per riprendersi dalla perdita. Un altro fattore che influenza la soddisfazione di vita della maggior parte delle persone è il lavoro o la scuola, oppure l’assunzione di in un ruolo importante, come quello di una casalinga o di un nonno. Quando la persona trae soddisfazione dal suo lavoro, sia esso retribuito o meno, e ritiene che sia significativo e importante, questo contribuisce alla soddisfazione di vita. Quando il lavoro va male a causa di circostanze avverse o non soddisfa i desideri della persona, può ridurre la soddisfazione di vita. Anche quando una persona ha obiettivi importanti, e non riesce a fare progressi adeguati verso di essi, può divenire insoddisfatta della vita. Altri fattori che influenzano la soddisfazione di vita della maggior parte delle persone sono la soddisfazione di sé, ovvero l’autostima, la vita religiosa o spirituale, l'apprendimento e la crescita, e il tempo libero.
E tu come definiresti la felicità?
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mercoledì 4 aprile 2012

Perché una faccia simmetrica risulta più attraente?


La simmetria facciale è un argomento che è stato particolarmente studiato dai ricercatori. In generale una faccia simmetrica risulta più attraente di una faccia asimmetrica.
Le ragioni di questo fenomeno non sono ancora del tutto chiare. Possiamo trovare in letteratura due tipi di interpretazioni: da una parte la “Evolutionary Advantage view” e dall'altra la “Perceptual Bias view”.
L' “Evolutionary Advantage view” propone che le facce simmetriche siano attraenti perché indicano che l'individuo è in salute. I nostri geni sono programmati per dar luogo a uno sviluppo strutturale simmetrico; malattie e infezioni possono produrre delle irregolarità anatomiche (ad esempio asimmetrie facciali). Un soggetto con un volto simmetrico dimostra di aver un buon sistema immunitario, una buona salute e di essere in grado di trasferire queste qualità alla prole.
Alcuni studi sugli animali hanno confermato una relazione fra simmetria corporea e salute fisica
Ad esempio,rondini e pavoni con le piume simmetriche sono particolarmente sani e risultano essere i partner preferiti. Lars Penke ha condotto una serie di studi sugli esseri umani giungendo alla conclusione che maggiore è la simmetria facciale, maggiore è la probabilità di mantenere la salute mentale nell'anzianità.
Secondo la “Perceptual Bias view”, il nostro sistema percettivo è programmato in modo tale che gli stimoli simmetrici sono più semplici da elaborare. Questa maggiore semplicità di elaborazione si tramuterebbe non solo in una preferenza per le facce simmetriche, ma per tutti gli oggetti che mostrano una maggiore simmetria.




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mercoledì 14 marzo 2012

Ecco un teschio fatto di vere e proprie fette di cervello umano!


L’artista Noah Scalin ha creato un teschio gigante con le centinaia di fette di cervello raccolte e conservate con cura dal College of Physicians’ Mütter Museum di Philadelphia.



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venerdì 9 marzo 2012

La qualità della vita in Italia. I soldi fanno la felicità?


Ogni anno il Sole 24 Ore ci informa sulla qualità della vita in Italia, stilando una classifica della vivibilità nelle Province italiane. Ma come viene misurata la qualità della vita? Ovvero, le tecniche di misura utilizzate rilevano davvero il benessere delle persone?

Il modello di analisi adottato dal Sole 24 Ore ha il pregio di considerare molteplici dimensioni, ad esempio il tenore di vita, i servizi per la salute, l’ordine pubblico, ecc., il che è corretto, dato che la nostra percezione di benessere è influenzata dai molteplici ambiti della nostra vita, che insieme concorrono alla percezione di benessere globale. Tuttavia, se osserviamo con più attenzione sulla base di quali indici viene misurata la qualità della vita, forse ci troveremo un po’ perplessi. Ad esempio, la qualità del clima è una dimensione che concorre alla percezione di benessere. Ma come viene misurata? Attraverso la differenza tra la temperatura registrata nel mese più caldo e quella registrata nel mese più freddo dell’anno! L’applicazione di questo criterio porta ad esempio ad attribuire alla provincia di Reggio Calabria il punteggio massimo di 1000 punti, e ad attribuire alle Province di Trento e Bolzano un punteggio che è circa la metà (579 e 574 punti). Si tratta in effetti di Province che per la localizzazione geografica e per la configurazione orografica presentano inverni molto rigidi, ma vogliamo dire che a Trento e Bolzano il clima influenza negativamente il benessere? Chi, in agosto, non desidererebbe fuggire dalla canicola della città per andarsi a godere il fresco delle Dolomiti?

Un altro indice molto controverso è il PIL. Si assume che una nazione ricca abbia anche una migliore qualità della vita. Riguardo questo tema, nel 1974 Richard Easterlin pubblicò un articolo: “Does economic growth improve the human lot?”, in parole povere: i soldi fanno la felicità? Easterlin, professore di economia all’Università della California meridionale, evidenziò che nel corso della vita la felicità delle persone dipende molto poco dalle variazioni di reddito e di ricchezza. Questo paradosso, secondo Easterlin, si può spiegare osservando che, quando aumenta il reddito, e quindi il benessere economico, la felicità umana aumenta fino ad un certo punto, poi comincia a diminuire, seguendo una curva ad U rovesciata. Il “paradosso di Easterlin” ha messo in crisi l'impostazione mondiale dei mercati indirizzati alla crescita misurata sulla base del PNL/PIL ed ha portato economisti e psicologi ad interrogarsi più approfonditamente su che cosa intendono le persone per "felicità". Se, infatti, raggiungere il benessere economico non garantisce una vita felice, il paradosso di Easterlin induce a riflettere su quali obiettivi e quale stile di vita è meglio perseguire e quali sono le prospettive di benessere sociale per una società che intenda mettere la persona e i suoi bisogni al centro di ogni decisione pubblica.

Questo dibattito trova nel lontano 1968 un input di grande respiro in un discorso tenuto all’università del Kansas dal candidato alla Presidenza degli Stati Uniti d’America Robert Kennedy:

“Non troveremo mai un fine per la nazione, né una nostra personale soddisfazione, nel mero perseguimento del benessere economico, nell' ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, né i successi del Paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.”

Gli indici di qualità della vita sono tutt’altro che un gioco di classifiche: in Paesi come l’Australia e la Nuova Zelanda, le nuove leggi che il governo vuole varare vengono valutate anche in base all’impatto che determineranno sugli indicatori del benessere (Personal Wellbeing Index).

In Italia, l’Istat e il Cnel stanno lavorando per insegnare alle istituzioni un nuovo modo di pensare alla qualità della vita. Per capire se la gente sta bene o sta male il PIL non basta. È necessario integrare il PIL con altri indicatori, compresi quelli relativi alle diseguaglianze (non solo di reddito) e alla sostenibilità economica, sociale e ambientale. A questo scopo è stato istituito un Comitato di indirizzo incaricato di sviluppare un approccio multidimensionale del “benessere equo e sostenibile” (Bes).

Negli ultimi anni, le parole di Kennedy stanno trovando un’applicazione pratica e la qualità della vita comincia ad essere vista soprattutto dal punto di vista del benessere soggettivo. Nel Novembre 2011 l’Istat ha presentato i dati di un’indagine riguardo l’importanza delle dimensioni del benessere per i cittadini. Lo scopo della ricerca era quello di capire quanto le persone giudicano importanti, su una scala da 1 a 10, i vari aspetti della vita che contribuiscono al benessere personale. Ecco le medie dei punteggi attribuiti a ciascuna dimensione:

Dimensioni del benessere

Punteggi medi

Essere in buona salute

9,7

Poter assicurare il futuro dei figli dal punto di vista economico e sociale

9,3

Avere un lavoro dignitoso di cui essere soddisfatto

9,2

Un reddito adeguato

9,1

Buone relazioni con amici e parenti

9,1

Essere felici in amore

9,0

Sentirsi sicuri nei confronti della criminalità

9,0

Il presente e il futuro delle condizioni dell’ambiente

8,9

Un buon livello di istruzione

8,9

Vivere in una società in cui ci si possa fidare degli altri

8,9

Istituzioni pubbliche in grado di svolgere bene la loro funzione

8,8

Servizi di pubblica utilità accessibili e di buona qualità

8,7

Tempo libero adeguato e di buona qualità

8,5

Poter influire sulle decisioni dei poteri locali e nazionali

7,9

Partecipare alla vita della comunità locale attraverso strutture politiche o associazioni

7,1



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sabato 11 febbraio 2012

Psicologi e Psichiatri come stregoni nei tribunali del New Mexico





Da overlawyered.com leggiamo che nel 1995, nel New Mexico, il senatore Duncan Scott ha introdotto un emendamento che prevede:

Quando uno psicologo o uno psichiatra partecipano ad un udienza processuale come periti devono indossare un cappello a forma di cono. Sulla superficie del cappello devono essere stampati stelle e fulmini. Inoltre sono tenuti ad indossare una barba bianca non inferiore a 18cm di lunghezza e a pronunciare gli elementi cruciali della loro perizia con dei colpetti scanditi in aria con una bacchetta (magica?).
Quando lo psicologo/psichiatra fornisce la testimonianza, l'ufficiale giudiziario deve abbassare le luci in aula e battere due colpi su un gong cinese.
L'emendamento, che aveva uno scopo satirico, è stata approvato all'unanimità!



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venerdì 3 febbraio 2012

Grazie Chomsky!


I miei vani tentativi di trovare qualcuno che mi spiegasse il pensiero di Lacan sono durati per giorni. Non riuscivo a cogliere il senso delle sue parole, pensavo fosse un problema mio, dovuto a ignoranza e incompetenza.
Ma poi Noam Chomsky mi ha sollevato dal mio sconforto e i miei dubbi sull’insensatezza di Lacan hanno avuto conferma.
Leggendo alcune dichiarazioni di Chomsky sul postmodernismo (vedi qui l'originale e la traduzione in italiano) ho trovato che anche lui si è posto il mio stesso dubbio: ”mi manca la capacità intellettuale per comprendere la profondità di ciò che sto leggendo, oppure davvero tutto questo non ha senso?”
Beh, posso dubitare delle mie capacità intellettuali, ma di certo non di quelle del vecchio Chomsky!
Ecco uno stralcio delle opinioni e dei buoni consigli di Chomsky:
«E’ assolutamente possibile che mi stia perdendo qualcosa, o che mi manchi la capacità intellettuale per comprendere le profondità portate alla luce negli ultimi 20 anni dagli intellettuali di Parigi e dai loro seguaci […]. Dal momento che nessuno è riuscito a mostrarmi che cosa mi sia perso, mi rimane una seconda possibilità: non ci capisco nulla. Posso concedere che sia così, ma resto scettico, per delle buone ragioni. Ci sono molte cose che non capisco, per esempio gli ultimi dibattiti sul fatto se i neutrini abbiano una massa o il modo in cui recentemente sembra si sia dimostrato il teorema di Fermat. Ma dopo 50 anni di esperienza, ho imparato due cose: (1) che posso chiedere ad amici che lavorano in questi campi di spiegarmi le cose in un modo che io possa capirle, e loro possono farlo senza particolari difficoltà; (2) che se sono interessato, posso approfondire per imparare di più, e arrivare infine a capire l’argomento.
Ora, Derrida, Lacan, Lyotard, Kristeva, etc. (anche Foucault, che conoscevo ed apprezzavo e che era in qualche modo diverso dagli altri) scrivono cose che ancora una volta non capisco, con la differenza che in questo caso i punti (1) e (2) di cui parlavo prima non tengono: nessuno di quelli che dicono di capire queste cose riesce a spiegarmele, e personalmente non ho la minima idea di come fare a rimediare ai miei fallimenti. Rimane una sola di due possibilità: (a) che ci sia stato un qualche nuovo avanzamento nella vita intellettuale, forse una qualche improvvisa mutazione genetica, che ha creato una forma di “teoria” ben più profonda e complessa della teoria dei quanti, della topologia etc., oppure (b)… non lo voglio dire.
Ancora, ho vissuto per 50 anni in questi ambiti, ho portato avanti un discreto lavoro personale nei campi cosiddetti “filosofici” e “scientifici”, così come nella storia intellettuale, e possiedo una discreta quantità di conoscenza della cultura intellettuale nelle scienze umane e sociali, e nelle arti. Questo mi ha fornito la possibilità di sviluppare le mie personali conclusioni sulla vita intellettuale, che non preciserò qui. Vorrei semplicemente suggerirvi di chiedere a quelli che vi parlano delle meraviglie della “teoria” e della “filosofia” di giustificare le loro affermazioni – di fare quindi quello che altre persone che lavorano nell’ambito della fisica, della matematica, della biologia, della linguistica e in altri campi, sono molto felici di fare quando qualcuno gli chiede, seriamente, quali siano i principi delle loro teorie, su quali prove si basino, cosa spieghino in più rispetto a quanto era già risaputo e via dicendo. Queste sono richieste legittime che chiunque dovrebbe poter fare. Se non possono essere soddisfatte, propongo di ricorrere al consiglio che Hume ha dato in circostanze simili: diamolo alle fiamme (giacché esso non può contenere nient’altro che sofisticheria e inganno)».
Tornando a Lacan, Chomsky afferma di averlo incontrato diverse volte e di considerarlo “un ciarlatano divertente e perfettamente cosciente di sé”; un’opinione ben più diplomatica di quella espressa da Heidegger, che disse sul suo conto: “questo psichiatra ha bisogno di uno psichiatra”.
E con questo possiamo con sollievo rinunciare a capire Lacan.







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