venerdì 13 aprile 2012

Il disgusto: "che schifo!"




Il disgusto è una emozione di base comune a tutti gli esseri umani; per decenni nessuno ha veramente capito il motivo della sua esistenza; gli scienziati ora ritengono che possiamo trovare la risposta esaminando le cose che ci disgustano.
Alla fine degli anni 90, la dottoressa Valerie Curtis ha scoperto alcune interessanti caratteristiche culturali del disgusto; ad esempio, il cibo cucinato da una donna con le mestruazioni è una causa di forte disgusto in India; mentre le persone obese erano ritenute particolarmente disgustose nei Paesi Bassi. In generale però le persone, da qualunque parte provenissero, sembravano convergere verso alcuni elementi, considerati universalmente rivoltanti, ad esempio:

1)Secrezioni corporee - feci (cacca), vomito, sputi, sudore, sangue, pus, fluidi sessuali;
2)Parti del corpo - Ferite, cadaveri, amputazioni;
3)Cibo in decomposizione - in particolare la carne e pesce marcio, spazzatura;
4)Alcune creature viventi - mosche, vermi, pidocchi, vermi, ratti, cani e gatti ;
5)Persone malate o contaminate.

La presenza di queste fonti universali di disgusto ha portato la Curtis a ipotizzare che il disgusto potrebbe essere determinato geneticamente; sarebbe impresso nel nostro codice biologico e derivato da milioni di anni di selezione naturale.
Ma che cosa ha spinto la selezione naturale a produrre un'emozione come il disgusto? Secondo la Curtis le cose disgustose sono anche potenzialmente infettive; ritiene quindi che il disgusto sia un meccanismo biologico funzionale a evitare malattie infettive.

Lontano dagli occhi lontano dal cuore?
Le indicazioni visive sono così potenti da portarci a reazioni di paura e disgusto, anche davanti cose che razionalmente sappiamo essere innocue; prendiamo come esempio i vermi: molte specie di vermi sono innocue e persino commestibili. Quando però vediamo foto come questa rimaniamo abbastanza schifati:


Secondo la Curtis, nel corso di milioni di anni, abbiamo sviluppato un istinto che ci porta a provare disgusto verso vermi e insetti; ciò permetterebbe di salvaguardarci da possibili parassiti come zecche, pidocchi, vermi intestinali.

Un altro senso fondamentale è l'olfatto.
L'odore, o meglio il “puzzo”, provoca una forte reazione negli esseri umani, tanto che l'esercito americano ha cercato di sviluppare bombe maleodoranti per azioni antisommossa.
L'odore di un cadavere provoca allerta, aumenta la vigilanza e porta le persone a tenersi a distanza dalla fonte maleodorante.
Anche le persone che usano poco il sapone sono ritenute disgustose e provocano negli altri una certa repulsione, che li mantiene a debita distanza.

Un piccolo aneddoto:
"Non ti lavare, sto tornando a casa!", scriveva Napoleone a Josephine,sua amante.
Napoleone amava le donne "odorose", o meglio puzzolenti.
De gustibus non est disputandum!


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martedì 10 aprile 2012

Scherzi percettivi: illusione ottica derivata da contorni speciali



Lo so... non sarà facile convincervi, almeno inizialmente, ma le due facce di questo solido hanno lo stesso colore.
A prima vista la parte superiore può sembrare più scura, ma se coprite con un dito la zona che separa le due facce vi convincete di quello che sto dicendo.
Questa illusione ottica deriva dalla ben più famosa illusione di Cornsweet.
In generale possiamo dire che “quando due regioni identiche sono separate da un contorno speciale composto da due gradienti di luminanza adiacenti, la regione che confina con il gradiente scuro (qui, la faccia superiore del solido) appare uniformemente più scura della regione che confina con il gradiente chiaro (qui, la faccia inferiore del solido)”.


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sabato 7 aprile 2012

Misurare la felicità



Da millenni gli uomini si interrogano su cosa sia la felicità, ma soprattutto su come fare per raggiungerla. Ognuno, poi, dà la sua personale interpretazione su cosa significhi essere felice. Il filosofo polacco Tatarkiewicz, in “Analisi della felicità”, ha rintracciato molte definizioni antitetiche di felicità, ad esempio, Sant’Agostino e San Tommaso d’Aquino dicevano che la felicità stava solo in Dio e la stragrande maggioranza dei Cristiani ha ripetuto le loro parole. «La felicità è possibile solo per chi comprende che non c’è nessun Dio», hanno invece detto i materialisti e gli atei da Mettrie in poi, se non Epicuro. I pensatori individualisti e liberali del XIX secolo credevano che la felicità stesse nello sviluppo non ostacolato della personalità dell’individuo, nella libertà e nella responsabilità, mentre da secoli ordini e organizzazioni religiose sostengono che la felicità sta in una sottomissione e in una obbedienza disciplinate. Gli Stoici mettevano in guardia gli uomini contro le passioni, fonte di infelicità, mentre Dubos, all’opposto, sosteneva che: «in generale, vivendo senza passioni, gli uomini soffrono ancora di più di quanto li facciano soffrire le passioni».
Come può dunque essere misurata scientificamente la felicità, se non esiste una definizione che metta d’accordo tutti? Esistono varie scuole di pensiero e altrettanti metodi di misurazione.
Il professor Ed Diener ha definito la felicità in termini di soddisfazione per la vita, ovvero come la “valutazione globale della qualità della vita di una persona in accordo ai propri criteri” e ha costruito un test per misurarla.
Per comprendere i punteggi ottenuti al test, è utile citare alcune componenti della vita delle persone che rivestono un’importante influenza sulla loro felicità. Una delle influenze più importanti sulla felicità è data dalle relazioni sociali. Le persone che ottengono un punteggio elevato nella soddisfazione di vita, tendono ad avere amici fidati e una famiglia unita e solidale, mentre quelli che non hanno amici intimi e familiari vicini, hanno più probabilità di essere insoddisfatti. Naturalmente, la perdita di un caro amico o di un familiare può causare insoddisfazione per la vita, e può richiedere molto tempo per riprendersi dalla perdita. Un altro fattore che influenza la soddisfazione di vita della maggior parte delle persone è il lavoro o la scuola, oppure l’assunzione di in un ruolo importante, come quello di una casalinga o di un nonno. Quando la persona trae soddisfazione dal suo lavoro, sia esso retribuito o meno, e ritiene che sia significativo e importante, questo contribuisce alla soddisfazione di vita. Quando il lavoro va male a causa di circostanze avverse o non soddisfa i desideri della persona, può ridurre la soddisfazione di vita. Anche quando una persona ha obiettivi importanti, e non riesce a fare progressi adeguati verso di essi, può divenire insoddisfatta della vita. Altri fattori che influenzano la soddisfazione di vita della maggior parte delle persone sono la soddisfazione di sé, ovvero l’autostima, la vita religiosa o spirituale, l'apprendimento e la crescita, e il tempo libero.
E tu come definiresti la felicità?
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mercoledì 4 aprile 2012

Perché una faccia simmetrica risulta più attraente?


La simmetria facciale è un argomento che è stato particolarmente studiato dai ricercatori. In generale una faccia simmetrica risulta più attraente di una faccia asimmetrica.
Le ragioni di questo fenomeno non sono ancora del tutto chiare. Possiamo trovare in letteratura due tipi di interpretazioni: da una parte la “Evolutionary Advantage view” e dall'altra la “Perceptual Bias view”.
L' “Evolutionary Advantage view” propone che le facce simmetriche siano attraenti perché indicano che l'individuo è in salute. I nostri geni sono programmati per dar luogo a uno sviluppo strutturale simmetrico; malattie e infezioni possono produrre delle irregolarità anatomiche (ad esempio asimmetrie facciali). Un soggetto con un volto simmetrico dimostra di aver un buon sistema immunitario, una buona salute e di essere in grado di trasferire queste qualità alla prole.
Alcuni studi sugli animali hanno confermato una relazione fra simmetria corporea e salute fisica
Ad esempio,rondini e pavoni con le piume simmetriche sono particolarmente sani e risultano essere i partner preferiti. Lars Penke ha condotto una serie di studi sugli esseri umani giungendo alla conclusione che maggiore è la simmetria facciale, maggiore è la probabilità di mantenere la salute mentale nell'anzianità.
Secondo la “Perceptual Bias view”, il nostro sistema percettivo è programmato in modo tale che gli stimoli simmetrici sono più semplici da elaborare. Questa maggiore semplicità di elaborazione si tramuterebbe non solo in una preferenza per le facce simmetriche, ma per tutti gli oggetti che mostrano una maggiore simmetria.




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mercoledì 14 marzo 2012

Ecco un teschio fatto di vere e proprie fette di cervello umano!


L’artista Noah Scalin ha creato un teschio gigante con le centinaia di fette di cervello raccolte e conservate con cura dal College of Physicians’ Mütter Museum di Philadelphia.



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venerdì 9 marzo 2012

La qualità della vita in Italia. I soldi fanno la felicità?


Ogni anno il Sole 24 Ore ci informa sulla qualità della vita in Italia, stilando una classifica della vivibilità nelle Province italiane. Ma come viene misurata la qualità della vita? Ovvero, le tecniche di misura utilizzate rilevano davvero il benessere delle persone?

Il modello di analisi adottato dal Sole 24 Ore ha il pregio di considerare molteplici dimensioni, ad esempio il tenore di vita, i servizi per la salute, l’ordine pubblico, ecc., il che è corretto, dato che la nostra percezione di benessere è influenzata dai molteplici ambiti della nostra vita, che insieme concorrono alla percezione di benessere globale. Tuttavia, se osserviamo con più attenzione sulla base di quali indici viene misurata la qualità della vita, forse ci troveremo un po’ perplessi. Ad esempio, la qualità del clima è una dimensione che concorre alla percezione di benessere. Ma come viene misurata? Attraverso la differenza tra la temperatura registrata nel mese più caldo e quella registrata nel mese più freddo dell’anno! L’applicazione di questo criterio porta ad esempio ad attribuire alla provincia di Reggio Calabria il punteggio massimo di 1000 punti, e ad attribuire alle Province di Trento e Bolzano un punteggio che è circa la metà (579 e 574 punti). Si tratta in effetti di Province che per la localizzazione geografica e per la configurazione orografica presentano inverni molto rigidi, ma vogliamo dire che a Trento e Bolzano il clima influenza negativamente il benessere? Chi, in agosto, non desidererebbe fuggire dalla canicola della città per andarsi a godere il fresco delle Dolomiti?

Un altro indice molto controverso è il PIL. Si assume che una nazione ricca abbia anche una migliore qualità della vita. Riguardo questo tema, nel 1974 Richard Easterlin pubblicò un articolo: “Does economic growth improve the human lot?”, in parole povere: i soldi fanno la felicità? Easterlin, professore di economia all’Università della California meridionale, evidenziò che nel corso della vita la felicità delle persone dipende molto poco dalle variazioni di reddito e di ricchezza. Questo paradosso, secondo Easterlin, si può spiegare osservando che, quando aumenta il reddito, e quindi il benessere economico, la felicità umana aumenta fino ad un certo punto, poi comincia a diminuire, seguendo una curva ad U rovesciata. Il “paradosso di Easterlin” ha messo in crisi l'impostazione mondiale dei mercati indirizzati alla crescita misurata sulla base del PNL/PIL ed ha portato economisti e psicologi ad interrogarsi più approfonditamente su che cosa intendono le persone per "felicità". Se, infatti, raggiungere il benessere economico non garantisce una vita felice, il paradosso di Easterlin induce a riflettere su quali obiettivi e quale stile di vita è meglio perseguire e quali sono le prospettive di benessere sociale per una società che intenda mettere la persona e i suoi bisogni al centro di ogni decisione pubblica.

Questo dibattito trova nel lontano 1968 un input di grande respiro in un discorso tenuto all’università del Kansas dal candidato alla Presidenza degli Stati Uniti d’America Robert Kennedy:

“Non troveremo mai un fine per la nazione, né una nostra personale soddisfazione, nel mero perseguimento del benessere economico, nell' ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, né i successi del Paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.”

Gli indici di qualità della vita sono tutt’altro che un gioco di classifiche: in Paesi come l’Australia e la Nuova Zelanda, le nuove leggi che il governo vuole varare vengono valutate anche in base all’impatto che determineranno sugli indicatori del benessere (Personal Wellbeing Index).

In Italia, l’Istat e il Cnel stanno lavorando per insegnare alle istituzioni un nuovo modo di pensare alla qualità della vita. Per capire se la gente sta bene o sta male il PIL non basta. È necessario integrare il PIL con altri indicatori, compresi quelli relativi alle diseguaglianze (non solo di reddito) e alla sostenibilità economica, sociale e ambientale. A questo scopo è stato istituito un Comitato di indirizzo incaricato di sviluppare un approccio multidimensionale del “benessere equo e sostenibile” (Bes).

Negli ultimi anni, le parole di Kennedy stanno trovando un’applicazione pratica e la qualità della vita comincia ad essere vista soprattutto dal punto di vista del benessere soggettivo. Nel Novembre 2011 l’Istat ha presentato i dati di un’indagine riguardo l’importanza delle dimensioni del benessere per i cittadini. Lo scopo della ricerca era quello di capire quanto le persone giudicano importanti, su una scala da 1 a 10, i vari aspetti della vita che contribuiscono al benessere personale. Ecco le medie dei punteggi attribuiti a ciascuna dimensione:

Dimensioni del benessere

Punteggi medi

Essere in buona salute

9,7

Poter assicurare il futuro dei figli dal punto di vista economico e sociale

9,3

Avere un lavoro dignitoso di cui essere soddisfatto

9,2

Un reddito adeguato

9,1

Buone relazioni con amici e parenti

9,1

Essere felici in amore

9,0

Sentirsi sicuri nei confronti della criminalità

9,0

Il presente e il futuro delle condizioni dell’ambiente

8,9

Un buon livello di istruzione

8,9

Vivere in una società in cui ci si possa fidare degli altri

8,9

Istituzioni pubbliche in grado di svolgere bene la loro funzione

8,8

Servizi di pubblica utilità accessibili e di buona qualità

8,7

Tempo libero adeguato e di buona qualità

8,5

Poter influire sulle decisioni dei poteri locali e nazionali

7,9

Partecipare alla vita della comunità locale attraverso strutture politiche o associazioni

7,1



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sabato 11 febbraio 2012

Psicologi e Psichiatri come stregoni nei tribunali del New Mexico





Da overlawyered.com leggiamo che nel 1995, nel New Mexico, il senatore Duncan Scott ha introdotto un emendamento che prevede:

Quando uno psicologo o uno psichiatra partecipano ad un udienza processuale come periti devono indossare un cappello a forma di cono. Sulla superficie del cappello devono essere stampati stelle e fulmini. Inoltre sono tenuti ad indossare una barba bianca non inferiore a 18cm di lunghezza e a pronunciare gli elementi cruciali della loro perizia con dei colpetti scanditi in aria con una bacchetta (magica?).
Quando lo psicologo/psichiatra fornisce la testimonianza, l'ufficiale giudiziario deve abbassare le luci in aula e battere due colpi su un gong cinese.
L'emendamento, che aveva uno scopo satirico, è stata approvato all'unanimità!



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venerdì 3 febbraio 2012

Grazie Chomsky!


I miei vani tentativi di trovare qualcuno che mi spiegasse il pensiero di Lacan sono durati per giorni. Non riuscivo a cogliere il senso delle sue parole, pensavo fosse un problema mio, dovuto a ignoranza e incompetenza.
Ma poi Noam Chomsky mi ha sollevato dal mio sconforto e i miei dubbi sull’insensatezza di Lacan hanno avuto conferma.
Leggendo alcune dichiarazioni di Chomsky sul postmodernismo (vedi qui l'originale e la traduzione in italiano) ho trovato che anche lui si è posto il mio stesso dubbio: ”mi manca la capacità intellettuale per comprendere la profondità di ciò che sto leggendo, oppure davvero tutto questo non ha senso?”
Beh, posso dubitare delle mie capacità intellettuali, ma di certo non di quelle del vecchio Chomsky!
Ecco uno stralcio delle opinioni e dei buoni consigli di Chomsky:
«E’ assolutamente possibile che mi stia perdendo qualcosa, o che mi manchi la capacità intellettuale per comprendere le profondità portate alla luce negli ultimi 20 anni dagli intellettuali di Parigi e dai loro seguaci […]. Dal momento che nessuno è riuscito a mostrarmi che cosa mi sia perso, mi rimane una seconda possibilità: non ci capisco nulla. Posso concedere che sia così, ma resto scettico, per delle buone ragioni. Ci sono molte cose che non capisco, per esempio gli ultimi dibattiti sul fatto se i neutrini abbiano una massa o il modo in cui recentemente sembra si sia dimostrato il teorema di Fermat. Ma dopo 50 anni di esperienza, ho imparato due cose: (1) che posso chiedere ad amici che lavorano in questi campi di spiegarmi le cose in un modo che io possa capirle, e loro possono farlo senza particolari difficoltà; (2) che se sono interessato, posso approfondire per imparare di più, e arrivare infine a capire l’argomento.
Ora, Derrida, Lacan, Lyotard, Kristeva, etc. (anche Foucault, che conoscevo ed apprezzavo e che era in qualche modo diverso dagli altri) scrivono cose che ancora una volta non capisco, con la differenza che in questo caso i punti (1) e (2) di cui parlavo prima non tengono: nessuno di quelli che dicono di capire queste cose riesce a spiegarmele, e personalmente non ho la minima idea di come fare a rimediare ai miei fallimenti. Rimane una sola di due possibilità: (a) che ci sia stato un qualche nuovo avanzamento nella vita intellettuale, forse una qualche improvvisa mutazione genetica, che ha creato una forma di “teoria” ben più profonda e complessa della teoria dei quanti, della topologia etc., oppure (b)… non lo voglio dire.
Ancora, ho vissuto per 50 anni in questi ambiti, ho portato avanti un discreto lavoro personale nei campi cosiddetti “filosofici” e “scientifici”, così come nella storia intellettuale, e possiedo una discreta quantità di conoscenza della cultura intellettuale nelle scienze umane e sociali, e nelle arti. Questo mi ha fornito la possibilità di sviluppare le mie personali conclusioni sulla vita intellettuale, che non preciserò qui. Vorrei semplicemente suggerirvi di chiedere a quelli che vi parlano delle meraviglie della “teoria” e della “filosofia” di giustificare le loro affermazioni – di fare quindi quello che altre persone che lavorano nell’ambito della fisica, della matematica, della biologia, della linguistica e in altri campi, sono molto felici di fare quando qualcuno gli chiede, seriamente, quali siano i principi delle loro teorie, su quali prove si basino, cosa spieghino in più rispetto a quanto era già risaputo e via dicendo. Queste sono richieste legittime che chiunque dovrebbe poter fare. Se non possono essere soddisfatte, propongo di ricorrere al consiglio che Hume ha dato in circostanze simili: diamolo alle fiamme (giacché esso non può contenere nient’altro che sofisticheria e inganno)».
Tornando a Lacan, Chomsky afferma di averlo incontrato diverse volte e di considerarlo “un ciarlatano divertente e perfettamente cosciente di sé”; un’opinione ben più diplomatica di quella espressa da Heidegger, che disse sul suo conto: “questo psichiatra ha bisogno di uno psichiatra”.
E con questo possiamo con sollievo rinunciare a capire Lacan.







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sabato 21 gennaio 2012

Ecco come l’induzione di false memorie genera mostri e condanne di innocenti.


Dopo una giornata passata in rete a cercare informazioni sul legame tra condanne per abusi sessuali e denunce esclusivamente basate sulle memorie dei presunti abusati, mi sono accorta della grave divergenza fra opinioni popolari e ricerca scientifica nel trattare questi casi. Premetto che le mie argomentazioni si riferiscono solo ai casi acclarati di falsi abusi sessuali, che sono una minoranza rispetto alle giuste condanne per pedofilia e abusi nei confronti di minori (che, tra l'altro, avvengono per la maggior parte in casa). Inoltre, per alcune testimonianze per le quali non è stato possibile trovare prove concrete, non possiamo concludere che si tratti di casi di falsa memoria. Queste riflessioni mi sembrano però doverose per far luce su casi giudiziari e mediatici che rischiano di distruggere le vite di persone innocenti.

(Per approfondimenti http://www.falsiabusi.it e giustiziaintelligente.blogspot.com)

Prendo come esempio le segnalazioni di casi di abuso di tipo ritualistico ai danni di bambini e di adolescenti: sono centinaia le persone che dichiarano di aver dovuto sottostare ad abusi sessuali durante riti satanici, partecipare ad omicidi di neonati o bambini durante messe nere, a false sepolture in cimiteri o chiese. Accuse di pedofilia, sacrifici umani, stupri in riti satanici, vengono sollevate da alcuni cittadini ed amplificate in modo martellante dai mass-media, a caccia di nuove streghe ed indemoniati, generando così una vera e propria isteria di massa. Una volta costruito il caso, in assenza di prove, le persone coinvolte (presunte vittime, legali, periti, giornalisti) sono spinte a cercare legittimazione alla loro narrazione: la mancanza di prove viene così supportata dalla teoria della cospirazione, ovvero qualcuno, nel frattempo, si è interessato a distruggere le prove. Così dicendo, non c’è necessità di fornire prove su quello che si dice. I mass-media fanno il resto, dando credibilità all’incredibile. L’isteria di massa porta alla nascita degli esperti di sette, pentiti che raccontano storie allucinanti, confessano di essere stati indottrinati ed ipnotizzati per anni. Ma come si fa a “svegliarsi” dopo anni? E se per tutti questi anni sei stato vittima senza capire nulla, chi ci assicura che per il resto della tua vita non sarai incline a cedere ad una nuova suggestione?

Per intenderci, il grado di certezza riguardo l’esistenza di sette sataniche che praticano riti simili sui bambini, è lo stesso per quanto concerne i casi di rapimenti alieni.

La divergenza nel trattare questi casi limite si riscontra anche tra due correnti in ambito psicologico: quella psicoanalitica e quella basata sulla ricerca scientifica. Gli psicoanalisti sono fermamente convinti che una memoria traumatica possa essere rimossa per molti anni e che possa riemergere nell’ambito della seduta psicoterapeutica. Questa convinzione è pienamente appoggiata dall’opinione pubblica, perfino i programmi televisivi che trattano questi casi eclatanti non mettono in dubbio la veridicità dei racconti delle vittime, anzi, trattano con disprezzo chiunque cerchi di verificare con prove obiettive la colpevolezza dell’accusato. La pratica del recupero di ricordi rimossi, punto di riferimento della psicoanalisi, è un concetto privo di validità scientifica, che può ingenerare una falsa memoria di un abuso non avvenuto e di conseguenza una denuncia di falso abuso sessuale.

Le sessioni di terapia dalle quali emergono false memorie di violenze sessuali fanno uso di diverse tattiche di pre-persuasione:

1) Creazione di un contesto favorevole alla denuncia attraverso l’insistenza su tre assunti reciprocamente collegati: a) l’incesto è molto più diffuso di quanto non si pensi; b) sette sataniche operano in segreto nel paese e praticano riti in cui si abusa di bambini e animali; c) le vittime di fatti incestuosi ne rimuovono la memoria anche per molti anni.

2) Diffusione di un gergo (concetti quali negazione, confini violati, incesto emotivo, codipendenza, recupero del rimosso) attraverso il quale viene condotta l’interpretazione dei fatti.

3) Stabilire che si presume che il soggetto abbia subito una violenza sessuale.

La seduta terapeutica consente l’impiego della più potente delle tattiche di persuasione: la persuasione autogenerata, il cui significato è stimolare e guidare il soggetto a generare un messaggio coerente con la diagnosi di violenza sessuale. Ad esempio, si può fornire al paziente una lunga lista di sintomi ipoteticamente rilevatori, es. Hai paura del buio? Non sai bene cosa vuoi?

Ma perché il paziente accetta la diagnosi di violenza sessuale? La presunta violenza diventa una stampella psicologica che consente di giustificare i propri fallimenti, inoltre, acquisendo questa nuova identità di vittima, la persona viene ricompensata e incoraggiata dal terapeuta.

È così che persone innocenti finiscono in carcere, o che nonostante l’assoluzione restano macchiate a vita dal sospetto e dalle calunnie popolari.

La ricerca scientifica sulle false memorie

Mentre per la rimozione non è stato ancora dato nessun supporto scientifico, dopo 30 anni di studi sulla distorsione della memoria, non c’è alcun dubbio che la memoria possa essere modificata tramite suggestione. Le persone possono essere indotte a ricordare il loro passato in diversi modi, addirittura a ricordare eventi complessi, che non sono mai realmente accaduti. Per esempio, Loftus e Pickrell (1995) hanno condotto uno studio molto interessante su alcune persone di età compresa tra i 18 e i 53 anni. Per ogni partecipante all’esperimento, è stato chiesto ai genitori di descrivere tre eventi reali che si sono verificati quando era bambino. Dopo di che, hanno fatto leggere al partecipante questi tre eventi, più un evento falso: “Da bambino lei si è perso in un centro commerciale ed è passato molto tempo prima che si potesse ricongiungere con i suoi genitori”. Ai soggetti è stato detto che il racconto degli eventi era stato fornito dai suoi genitori e, nel corso di tre interviste successive, tenute a cadenza settimanale, è stato chiesto loro di richiamare alla memoria ciascuno di questi quattro episodi. Il risultato è sconcertante: il 25% dei partecipanti credeva di essersi davvero perso in un centro commerciale da piccolo, il falso evento fu addirittura raccontato con dovizia di particolari. In ricerche successive, sono state indotte con successo altre false memorie, ad esempio, essere stato portato all’ospedale per un’infezione all’orecchio, aver versato una ciotola addosso ai genitori della sposa ad un matrimonio, essere rimasto incastrato con la mano in una trappola per topi e perfino aver assistito ad una possessione demoniaca (per una rassegna, vedi Lindsay, Hagen, Read,Wade, & Garry, 2004). In tutti questi studi i ricercatori si sono accertati che i falsi eventi non fossero veramente accaduti nella vita dei soggetti. Alcuni autori più pignoli hanno scelto eventi che sicuramente non sarebbero mai potuti accadere. Mazzoni e Memon (2003) hanno detto ai loro partecipanti di aver subito un trapianto di pelle da piccoli, durante una procedura medica di routine. I ricercatori hanno scelto proprio questo evento perché si trattava di un tipo di operazione che non veniva eseguita sui bambini nella nazione dove è stata condotta la ricerca.

I risultati delle ricerche ci dicono che è possibile che un individuo sia sinceramente convinto che nella sua vita si sia verificato un evento che in realtà non è mai avvenuto, tuttavia non è possibile distinguere fra ricordi reali e falsi senza l’ausilio di verifiche indipendenti. Occorre allora guardare con diffidenza ai programmi televisivi che trattano di casi di bambini vittime di abusi sessuali ritualistici e sette sataniche. Ricordiamoci che la televisione non persegue la verità, ma ambisce all’aumento degli indici di ascolto! Ricordiamoci anche di diffidare di un certo tipo di psicologia, che si permette di sentenziare verdetti senza alcuna base scientifica in grado di corroborare la realtà dei fatti.


References

L’età della propaganda. Pratkanis, Aronson (2003)

How to tell if a particolar memory is true or false. Bernstein, Loftus (2009)



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giovedì 19 gennaio 2012

Guida alla scelta dello psicoterapeuta



La scelta di affrontare un percorso psicoterapeutico è molto delicata, poiché si richiede un forte investimento da parte della persona, sia in termini di motivazione al cambiamento e sia in termini di costo economico che di tempo. Purtroppo, non è facile per i non addetti ai lavori ottenere informazioni adeguate per compiere scelte consapevoli, cerchiamo dunque di chiarirci un pò le idee prima di contattare uno psicoterapeuta.

domenica 15 gennaio 2012

Sexsomnia: un alibi perfetto o un vero disturbo del sonno?


Nel 2003, Jan Luedecke andò ad una festa, bevve più di una dozzina di alcolici vari e si addormentò su un divano. Poco dopo si avvicinò ad una donna che dormiva su una poltrona vicino, si mise un preservativo, e cominciò ad avere un rapporto sessuale con lei. Evidentemente la donna non gradì di essere svegliata in quel modo e lo accusò di stupro. Il neurologo canadese Colin Shapiro partecipò al processo nel 2005 in qualità di perito, testimoniando che Ludecke fu vittima di un attacco di “sexsomnia” (italianizzato come sessosonnia).
Luedecke fu assolto, sotto lo sguardo attonito della sua vittima e fra le proteste dei movimenti per la tutela delle donne.
Shapiro ha suggerito che la sexsomnia, ovvero il comportamento sessuale durante il sonno (SBS), potrebbe essere una parasonnia. Le parasonnie sono comportamenti anomali o eventi fisiologici che avvengono durante il sonno, che si registrano in circa il 2,5% degli adulti. I comportamenti violenti durante il sonno sono stati rilevati nel 2% degli adulti, mentre la prevalenza della sexosomnia è sconosciuta. 

Il caso di Luedecke pone molti dubbi, soprattutto dal punto di vista legale, dato che altre persone dopo di lui hanno invocato la sexsomnia come difesa contro accuse penali derivanti da comportamenti violenti o illegali. La valutazione di questi casi pone due domande:
1) Può un comportamento così complesso avvenire in uno stato di sonno, senza che la persona abbia coscienza o responsabilità per le sue azioni?
I ricercatori dicono di sì.
2) Può essere considerata la causa di questi casi di violenza notturna?
Beh, questo nessuno può dirlo con certezza. I presunti sonnambuli non si trovavano in un laboratorio del sonno mentre compivano la violenza sessuale.

Esistono in effetti poche evidenze oggettive per risolvere questi casi. La polisonnigrafia non può stabilire retrospettivamente se l’accusato stava dormendo durante l’atto, inoltre, poiché più del 4% degli adulti ha occasionali episodi di sonnambulismo, catturare il disturbo durante uno studio del sonno non prova che la persona era sonnambula anche durante il suo atto criminale.
Un vero groviglio psicogiudiziario!




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venerdì 13 gennaio 2012

Fino a che età i bambini sono così irrestistibilmente adorabili?



Fino a qualche anno fa, non riuscivo a camminare per strada senza che qualcuno mi fermasse per fare qualche complimento alla mia bambina. Era una sorta di celebrità: occhialini, cappello, sonaglio in mano, sfilava in mezzo a tanti ammiratori che struggevano  per lei in un brodo di giuggiole. Ormai ha 5 anni e, benchè non gli manchi certamente affetto, qualcosa inizia a cambiare. 
Fino a che età i bambini sono così irrestistibilmente adorabili?
A questa domanda hanno cercato di rispondere tre psicologi dell'università di Toronto, Zhu Lu Luo, Hong Li, e Kang Lee. A 120 partecipanti hanno mostrato un ampio campione di immagini che rappresentavano volti di bambini di età compresa da i 4 mesi e i 6 anni. I partecipanti  hanno poi valutato l'attrattività e la simpatia di ogni bambin.
Risultato? I bambini di età inferiore ai 4 anni  risultano più simpatici e attraenti di quelli più grandi.
Una possibile spiegazione:
il volto dei neonato ha una serie di caratteristiche peculiari: fronte sporgente, un viso rotondo, occhi grandi e naso piccolo. L'evoluzione della nostra specie ci ha portato ad essere attratti da queste carattestistiche e ad attivare un senso di protezione e premurosità anche verso bambini non biologicamente imparentati. Da un punto di vista evoluzionistico, questo aumenta la probabilità di conservazione della specie!
A partire dai 4 anni inizia uno sviluppo graduale del cranio, i lineamenti facciali si fanno più marcati ed il bambino esce dalla sfera protettiva del gruppo. 
In altre parole, la natura decide che il bambino può iniziare il suo percorso verso l'autonomia. 




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mercoledì 11 gennaio 2012

“Non sapevo di essere incinta”: ecco svelato il mistero!



Coloro che la domenica sera si sono sintonizzati sul canale Real Time, saranno rimasti sicuramente sconvolti dal nuovo programma “Non sapevo di essere incinta”, che documenta lo strano fenomeno che vede protagoniste alcune donne completamente ignare della propria gravidanza. Attraverso ricostruzioni e interviste, le donne ci raccontano come non sapessero di essere incinte, dal concepimento fino allo shock del parto. Come me, molti (soprattutto molte) si saranno chiesti: com’è possibile?! 
La gravidanza comporta cambiamenti così eclatanti che ci pare difficile credere a queste storie così come ci vengono presentate. L’interpretazione più plausibile è che queste donne abbiano messo in atto una difesa psicologica molto potente: la negazione. Le paure inconsce o preconsce della gravidanza sono così terrificanti che i segni e i sintomi vengono mantenuti al di fuori della coscienza.
In letteratura vengono descritte varie forme di negazione di gravidanza, che vanno da forme più leggere di disconoscimento della realtà emotiva della gravidanza, fino alla soppressione della consapevolezza di essere incinte e al più grave diniego psicotico.
Il diniego emotivo riguarda donne consapevoli di essere incinte, ma che non modificano il loro comportamento di conseguenza: non cambiano dieta, guardaroba, tipo di attività fisica, non fantasticano sul bambino in arrivo, non pensano al nome da dargli e non preparano l’occorrente per il nascituro. Questo tipo di negazione è stato spesso osservato in donne che hanno perso il loro primo figlio, soprattutto in casi di morte infantile precoce; è stato osservato anche in donne che fanno abuso di droghe e che si sentono in colpa riguardo le potenziali conseguenze dannose.
Un tipo di negazione più estrema è quella che ci viene proposta da Real Time: si tratta di donne che sopprimono la coscienza di essere incinte durante tutta la gravidanza. Tipicamente, queste donne prendono poco peso e quelle a cui capita attribuiscono i chili in più semplicemente al fatto di essere ingrassate. Quelle che non possono attribuire l’amenorrea alla menopausa o a cicli irregolari, spesso mostrano episodi di emorragie durante la gravidanza. Inoltre, rispetto alla norma, manifestano raramente i tipici sintomi di gravidanza; quando ciò avviene, come nel caso della nausea o del vomito, il sintomo viene attribuito ad altre cause.
Perfino i segni e i sintomi del travaglio vengono mal interpretati; ad esempio, le contrazioni vengono esperite come bisogno di defecare e la rottura delle acque come incontinenza urinaria. Durante il travaglio e il parto, queste donne mostrano spesso segni di dissociazione, è infatti il momento in cui crollano tutte le loro difese e devono accettare la realtà. I casi che ci vengono riportati dal programma televisivo fortunatamente hanno un lieto fine e le donne riescono ad assumere il ruolo di madre, ma in casi più gravi il diniego può protrarsi più a lungo, compromettendo la salute del neonato per la carenza di accudimento e nutrimento.
Non è facile individuare singoli fattori di rischio che possono portare alla negazione di gravidanza, tuttavia nei casi osservati sono stati indicati:
la giovane età (la maggior parte dei casi riguarda adolescenti);
passività, ad esempio donne che non riescono a rifiutare un rapporto sessuale non desiderato e che non insistono per usare contraccettivi;
tabù familiari o culturali, per cui, ad esempio, è impensabile rimanere incinte al di fuori del matrimonio;
una storia di abusi sessuali, per cui l’accettazione della gravidanza richiamerebbe alla memoria le esperienze traumatiche;
intelligenza limitata o povertà di conoscenze riguardo il sistema riproduttivo;
eventi di vita fortemente stressanti, come perdite o lutti;
isolamento sociale.
I dati riguardo la frequenza di negazione di gravidanza non sono stati ancora raccolti in maniera sistematica, tuttavia uno studio tedesco ha riportato un caso di diniego ogni 475 nascite (Wessel et al. 2002), dunque il fenomeno non sarebbe così raro. 



References
Psychological Aspects of Women's Health Care: The Interface Between Psychiatry and Obstetrics and Gynecology. Donna E. Stewart, 2001.
Essentials of Psychosomatic Medicine. James L. Levenson, 2007.




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Il cervello di Rubik


Una versione originale del cubo di Rubik...e direi anche po' macrabra!

martedì 10 gennaio 2012

Le tecniche di interrogatorio utilizzate dalla CIA: la tortura psicologica è più efficace di quella fisica.


Nel 1985, la CIA ha ufficialmente rinunciato all'utilizzo della tortura durante l'interrogatorio. Tuttavia, il Dipartimento della Difesa Americana continua ad appoggiare strategie coercitive di tipo psicologico, come la deprivazione sensoriale e l'induzione di stress.
L'Human Resource Exploitation Training Manual è stata una delle principali guide, utilizzate dalla CIA, per estorcere informazioni ai prigionieri durante gli interrogatori.

La teoria della coercizione e dell'interrogatorio
Lo scopo di tutte le tecniche coercitive è di indurre la regressione psicologica del soggetto. La regressione è fondamentalmente una perdita di autonomia, il ritorno a un livello di dipendenza che caratterizza l'infanzia. Il prigioniero, regredendo, comincia a perdere le sue potenzialità cognitive, diviene incapace di affrontare situazioni complesse o di far fronte a relazioni interpersonali frustranti.
Vediamo nel dettaglio le varie tecniche coercitive utilizzate:

L'Arresto
Le modalità di arresto devono essere pianificate con cura: il soggetto deve essere colto alla sprovvista, quando la sua resistenza fisica e mentale è a livelli minimi. Quindi è preferibile che l'arresto venga compiuto nelle prime ore del mattino.

Detenzione
Il senso di identità della persona dipende dalla continuità con il proprio ambiente, dalle proprie abitudini, dall'aspetto fisico e dalle relazioni affettive. La detenzione interrompe il senso di continuità del Sé e priva il prigioniero delle sue risorse personali. La detenzione dovrebbe quindi essere gestita in modo da aumentare nel prigioniero il sentimento di perdita e di abbandono della propria realtà sicura e protettiva.

Privazione di stimoli sensoriali
L'isolamento agisce come forte induttore di stress. I sintomi più comuni sono il delirio, l'amore intenso verso qualsiasi cosa, animata o inanimata, allucinazioni e depressione.

Minacce e paura
La minaccia di tortura è più efficace della tortura stessa. Unica eccezione è la minaccia di morte che si è rilevata inutile, in quanto porta il prigioniero alla pura disperazione e all'abbandono di sé stesso.

Dolore
Il dolore fisico, inflitto dall'inquirente al prigioniero durante l'interrogatorio ,intensifica le sue resistenze e può favorire false confessioni con il conseguente ritardo dell'indagine. Può essere più opportuno creare una situazione dov'è il prigioniero stesso a provocarsi dolore, per esempio attraverso il mantenimento prolungato di una posizione rigida, sull'attenti o seduto su uno sgabello scomodo. In questo modo il prigioniero diventa vittima di sé stesso, esaurisce la motivazione personale e perde qualsiasi spiraglio di fiducia.

Ipnosi e suggestionabilità
Le informazioni ottenute dal soggetto sotto ipnosi non sono attendibili, in quanto distorte o inventate. Tuttavia, l'ipnosi può essere uno strumento molto prezioso.
Infatti, il prigioniero vive una contraddizione: da una parte desidera non svelare alcuna informazione, dall'altra è consapevole che la condizione di stress, alla quale vuole sottrarsi, è indotta dalla sua reticenza.
Facendo leva su tale debolezza, viene utilizzata una tecnica chiamata "magic room", attraverso la quale si porta il prigioniero, facilmente suggestionabile, a credersi realmente ipnotizzato. Ad esempio, al prigioniero può essere detto, durante l'induzione ipnotica, che la sua mano diventerà sempre più calda. Successivamente un complice riscalderà mediante diatermia la mano del prigioniero. A questo punto, il prigioniero si percepisce realmente ipnotizzato, e questo lo porta a superare i sensi di colpa per una eventuale collaborazione e a sottrarsi alla condizione di stress.

Regressione
Come accennato in precedenza, lo scopo di tutte le tecniche coercitive è di indurre la regressione. A questo fine possono essere utilizzate diverse strategie:
  • modifica dell'orario;
  • servire i pasti ad orari inconsueti;
  • alterare gli orari del sonno;
  • porre domande prive di senso.



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After image effect!!

Guarda il + nel centro dello schermo. Dovresti iniziare a vedere un punto verde che ruota intorno al cerchio. Questo punto verde è un’illus...